Guidonia Montecelio, nonostante le recenti origini, conserva numerose tracce del passato.
Nell'Antiquarium infatti si conservano i reperti rinvenuti duranti gli scavi per la realizzazione del Nuovo Centro Agroalimentare di Roma.
Chiesa di S.Antonio abate
Situata sul pendio detto di Monte Albano, la piccola chiesa in origine era dedicata ai SS.Ceciliae Rocco, per voto fatto dal popolo in occasione di un'epidemia (Piccolini,1973, pp.217-218) e infatti il più antico documento ad essa relativo, risalente al Cons.Comunale del 24 nov. 1585, la cita come chiesa di S. Cecilia e ne denuncia lo stato rovinoso. Doveva quindi essere già antica ma nessuna notizia scritta precedente è nota; mentre si ha una testimonianza nello stile degli affreschi absidali, risalenti sicuramente agli ultimissimi anni del XV secolo o ai primissimi del XVI secolo.Santa Cecilia e San Rocco furono dichiarati protettori del Comune e si nominò un cappellano che qui dicesse messa. All'inizio del '600 vi si stanziarono la Confraternita del Suffragio e la Fratellanza di S. Antonio abate, che vi eresse una cappella coperta a cupola e decorata finemente con stucchi e motivi floreali. La chiesa si chiamò da quel momento S. Antonio. Il giorno della Pentecoste vi si esponevano le "Quaranta ore" che nel 1779 vennero trasportate nella chiesa di S. Giovanni evangelista; la Confraternita del Suffragio si trasferì altrove (Piccolini, pp.215-217). Un primo restauro venne eseguito nel 1628, come risultava da un'epigrafe riportata in un manoscritto del '700; un secondo restauro, compiuto nel 1791, diede all'edificio l'aspetto attuale, la navata fu prolungata e sopraelevata ed assunse l'aspetto di un'aula neoclassica, in quanto vennero escluse dalla vista dei fedeli sia la cappellina curvilinea a destra dell'ingresso, sia l'abside affrescata, per accedere alla quale fu lasciata una porticina nascosta dall'altar maggiore nella parete che chiudeva la navata. La chiesa fu gradualmente abbandonata. Nel 1971 l'intervento della Soprintendenza ha effettuato un restauro agli affreschi che ricoprono l'abside, restituendo alle immagini, in parte, l'antico splendore. Alla fine degli anni '70, l'ultimo intervento: il rifacimento del tetto ad opera di un gruppo di monticellesi e di alcune associazioni culturali del paese.
Chiesa S.Giovanni evangelista La chiesa attuale sorse agli inizi del XVIII secolo in luogo di una più antica, probabilmente medievale, denominata S.Giovanni in Forcella. Da una iscrizione ora murata in sacrestia, apprendiamo che un primo restauro venne fatto nel 1577, ma la chiesa continuò a deperire soprattutto a causa della forte umidità che dal lato della costa di Monte Albano aveva invaso le mura sino alla volta. Nella visita pastorale del 1690 Monsignor Fonseca sollecitò un pronto restauro; il Cons. Comunale del 21 aprile 1697 stabilì quindi di riedificarla ex novo e affidò l'incarico all'architetto romano Filippo Leti (1680-1711). I lavoriiniziarono nel 1705 il 14 marzo e il 4 settembre 1707 si era già arrivati alla volta; il 10 aprile 1708 il popolo deliberava che venisse fatto un'altro ordine per i campanili, dandone il compito di progettazione allo stesso architetto. Il 3 febbraio 1710 si conclusero i lavori e il 6 novembre dello stesso anno, come apprendiamo dall'epigrafe della facciata, venne solennemente consacrata. La somma complessiva per la riedificazione ammontò a 18.383 scudi. La chiesa rappresenta la seconda opera conosciuta e forse esistente di Filippo Leti, dopo la cappella di S.Giovanni da Capestrano nella chiesa romana di S.Francesco a Ripa. Il giovane architetto romano, probabilmente allievo di Carlo Fontana, dimostra uno stile aperto alle più moderne tipologie settecentesche, anche se ancora legato a certi schemi tardobarocchi. L'orologio che ancora oggi scandisce le ore è del 1777; costato al Comune 250 scudi, è opera dell'orologiaio romano G. Franchi. Sostituisce l'antico meccanismo che dal 1575 batteva sul campanile medioevale. Negli anni '50 il vecchio pavimento di cotto della chiesa era stato sostituito da una gettata alla veneziana e il tetto restaurato dal Genio Civile. A partire dal 1997, sotto l'impulso dell'ing. Ugo Rendine, la perseveranza del parroco Don Antonio Rencricca e la direzione dell'architetto Tullio De Bonis, sono stati rifatti il tetto, i pavimenti e gli intonaci esterni, mentre è da ultimare la sistemazione di quelli interni.
Chiesa di San Lorenzo E' la più antica chiesa di Montecelio, fu la prima parrocchia fuori della mura del castello, ma secondo il Piccolini (p.167) "più corta e bassa con abside semicircolare", risalente per lo meno al XV secolo come attesterebbero i due affreschi superstiti sulle pareti. Un primo restauro è documentato nel 1524 ad opera del parroco don Bernardino Panicola da un'iscrizione marmorea riportata in un manoscritto seicentesco. La visita pastorale del vescovo de'Grassi, avvenuta nel 1581, dà notizia di un altro altare dedicato a S.Giacomo ma all'epoca ancora non decorato. Secondo il Piccolini (p.169, nota 2) potrebbe trattarsi di una nicchia ora murata presente sulla parete destra del presbiterio e in cui, da una foto che correda le vecchie schede di Soprintendenza, era collocata almeno fino al 1930 la statua del Battista ora nella controfacciata. Altri proventi per restauri sono elargiti dal Comune nel 1585 e 1586. Il restauro più radicale fu dovuto comunque ad Angelo Picchetti nel 1625, come è riportato nel suo manoscritto e che consistette nella nuova sistemazione dell'abside e nella sua ornamentazione a fresco che, secondo il manoscritto stesso, comprendeva anche altre due figure di Santi, Antonio da Padova e Pietro di Subiaco, nell'estradosso dell'arco absidale, ora andate perdute. In seguito al ConsiglioComunale del 16 agosto 1684 la chiesa fu inoltre prolungata e rialzata e in seguito a quello del 19 marzo 1692 fu spostato il campanile. Un nuovo restauro risale al 1751 e consistette soprattutto nel risanamento dei muri e della facciata. Nel 1772 fu dipinto per la prima volta il soffitto, poi rifatto nel 1931 nel corso dell'ultimo intervento condotto da don Celestino Piccolini
Chiesa e convento di S. Michele arcangelo Il complesso monumentale settecentesco costituito dalla chiesa e dal convento di S. Michele arcangelo che domina oggi il colle di Monte Albano, ha origine da una donazione fatta dal nobile cittadino di Montecelio, Marco Valenti, ai Frati Minori Osservanti.
La donazione consisteva in un villino con una chiesuola (costruita nel 1675) dedicata a S. Michele arcangelo "larga palmi 18, e lunga 48", e un orto.
Il villino fu gratualmente ingrandito e trasformato in convento, prima con la costruzione di un dormitorio e tutto il necessario per una casa religiosa, poi con la costruzione di altri tre lati di dormitorio e il completamento del muro di clausura nel quale vennero inserite le stazioni della Via Crucis. Il convento, secondo il classico schema francescano, ha un piano terreno a volta, costituito dal chiostro ad arcate con pozzo al centro e cisterna sottostante. Da esso si accede alle stanze di servizio, al refettorio e alla sala capitolare; le celle dei frati e la stanza del Superiore erano al primo piano.